Il lavoro di Michalis Pichler dedicato allo scritto più importante di Max Stirner può considerarsi una forma di scultura della scrittura, un lavoro di continuo cesello e pulitura fino a raggiungere il nucleo pulsante dell’opera stessa. Non è un caso che entrambe i testi abbiano lo stesso titolo The Ego and Its Own ma che all’interno di ciascuno ci siano due realtà diverse e al contempo convergenti.
Il testo, pubblicato dalla Ugly Duckling Presse, è una mappa geografica per rintracciare tutto quello che ha a che fare con l’Io e sé stesso nello scritto omonimo di Stirner. Rimangono, pertanto, solamente le parole Ich,Ich’s, Mein, Meinige, Mich, Mir, Nicht-Ich, Volks-Ich e altre simili che servono per aiutare il lettore a destreggiarsi attraverso ciò che l’Io è per l’autore tedesco.
Non rimane altro che Io e le rispettive declinazioni all’interno di un libro che, in quanto oggetto, non potrebbe assolutamente affermare una propria ipseità nei confronti del lettore, questo a dimostrare che l’oggetto libro in sé altro non è che un medium capace di comunicare con un’altra persona con la quale non intavola un dialogo costruttivo bensì si limita ad intessere un soliloquio sordo alle esigenze di chi legge. Viene in mente Platone, pensando a Pichler, quando afferma che la scrittura è rischiosa perché non può difendersi da sola. In questo caso c’è un totale ribaltamento da parte di quest’ultima che trasforma il proprio lettore in un soggetto incapace di difendersi dalla prepotenza dell’Io che scrive.
Gli spazi bianchi, veri protagonisti del testo, scandiscono una sorta di invisibile partitura del suono, e con il loro silenzio non fanno altro che rendere ulteriormente rumoroso l’affiorare dei vocaboli rimasti, li rende tanto forti e tonanti da diventare persino fastidiosi.
Nonostante ciò la parola non è elemento musicale in Pichler ma semplice nota di ritmo. Il suono dei vocaboli che si susseguono sono piacevoli all’orecchio come il rumore di una pressa idraulica che continua il suo lavoro indisturbata dall’uditore presente. Così fa l’Io che sovrasta con la propria egocentricità nei confronti di chi legge, così appare l’essere in sé ad un lettore attento e sensibile. Perché nel continuo mostrarsi dell’Io non c’è armonia, non c’è possibilità di altro se non il Non-Io o il Non-noi, non c’è distacco da tutto ciò che è descritto.
Il lavoro di Pichler su Stirner più che un libro da leggere e da tenere sul comodino è uno specchio da tenere sempre a portata di mano quando si vuole vedere e sentire il rumore della propria Ipseità nei confronti di chi ci sta davanti, è un lavoro di carotaggio letterario che ci riconsegna un oggetto prezioso e agile capace di farci sorridere e al contempo riflettere su quanto misero sia questo continuo ripetersi Io.
Il libro è acquistabile al link http://www.uglyducklingpresse.org/catalog/browse/item/?pubID=505
Biondo, Mendes, "L’EGO E SÉ STESSO – UN RAFFINATO DIALOGO TRA PICHLER E STIRNER," (2016),