Riscrivendo l’illeggibile: quarto cancellature del Coup de Dés
Riccardo Boglione

II. Fast forward

Trentanove anni dopo la sorprendente coincidenza del Broodthaers/Diacono, Mallarmé genera nuovamente, incredibilmente, una doppia cancellatura, replicando pure le antiche coordinate geografiche: nord d’Europa da una parte, nord d’America dall’altra. È in Canada, per la Art Metropole, che Michael Maranda —artista che si occupa quasi esclusivamente di editare versioni “intervenute” di libri preesistenti—1   pubblica nel 2008 la sua trasposizione del Coup de Dés. Il pedigree della sua “riscrittura” è parte integrante dell’opera: il volume, identico nel formato a quello mallarmeano del 1914, gioca graficamente, in copertina, con il nome dell’autore e la definizione dell’opera medesima. Come differenti stadi e strati di sedimentazioni poetiche, i nomi di Mallarmé e Broodthears (Diacono è omesso, probabilmente perché sconosciuto al canadese), scritti in rosso si sovrappongono, perdendo in sostanza la possibilità di essere letti, e sono sovrastati da quello dell’autore della nuova operazione, stampato in nero. La stessa cosa succede con la definizione dell’oggetto stesso: in rosso si ripetono il poème usato dal francese, l’image utilizzato dal belga, sopraffatti dal tautologico livre di Maranda [Figura 4].

 

Figura 4

 

Se per Mallarmé si trattava di sottolineare che tutto quel bianco era parte del poema, se per Broodthaers era fondamentale porre l’accento sulla resa puramente visuale dell’esperimento spazialista originale, a Maranda non resta che concentrarsi sulla mera dimensione editoriale: non è più solo il contenuto che si deve avvalorare, ma la “cosa” in sé, peraltro entità capitale già nelle intenzioni del simbolista. 2 L’idea di “staffetta” si reitera all’interno del libro: il frontespizio ripresenta i precedenti (nomi degli autori, definizione), ma stavolta stampati in bianco: incorporee figure che appena si distinguono in contrasto con il beige della pagina e il nero con cui è impresso il vero autore. Anche la celebre prefazione mallarmeana è vittima di molteplici passaggi, evidence dello stratificarsi delle operazioni concettuali: il testo francese originario è stato tradotto con un software —come spiega una fotocopia che si trova, sciolta, all’interno del volume— in fiammingo (lingua madre di Broodthears) e questo a sua volta in inglese (lingua di Maranda). Anche in questo caso la rappresentazione è para-geologica: il testo francese è fuso col colore della pagina, mentre si sovrappongono le parole fiamminghe, in bianco, e quelle inglesi in nero in una concrezione testuale di cui il lettore non può assimilare, digerire l’amalgama, l’affastellamento geografico-temporale, se non con difficoltà. Il gesto di Maranda sui versi va in senso dichiaratamente opposto a quello del belga, “instead of the black band of censorship […], the place of the text is replaced with the absence of ink. Surrounding these literal «blancs» is a cream coloured ink wash, imitating the paper stock of the original NFR edition” 3 (ancora la fotocopia). Se, come suggerisce Jacques Rancière, in Broodthaers “the plastification of the poem is an artistic operation that stages reification”, 4 la resa “in bianco” dei blocchi di testo si muove in direzione di una consegna fantasmatica del Coup: la pagina sbiadisce, i confini fra lo sfondo e le bande lattee tendono a farsi impercettibili, la poesia impallidisce, i blancs che secondo Mallarmé frappent d’abord, invadono l’intero libro, si rincorrono su una flebile differenza di toni e mostrano da un lato un’ingigantimento, esangue, dell’idea primigenia del protagonismo dello spazio della pagina [Figura 5] e, dall’altro, un allontanamento dal contrasto tipografico vagheggiato dal francese per le sue costellazioni (“hai notato, non si scrive luminosamente, su campo oscuro, solo l’alfabeto degli astri, così si indica, abbozzato o interrotto; l’uomo insegue nero su bianco)”. 5

 

Più radicale ancora risulta la riscrittura che Michalis Pichler dà alle stampe, anch’egli nel 2008, per la Greatest Hits di Berlino. In questo caso il volume cerca di emulare, esteriormente, più che quello dell’edizione malarmeana, il suo rifacimento broodthaersiano, tanto è vero che la Préface rimane identica a quella del belga: l’intero testo del Coup de-spazializzato e forzato in un paio di pagine, coi versi divisi solo da sbarre, /.6 Come per Maranda, anche in questo caso è la definizione che sigilla l’intera impresa: dopo il “poema”, l’“immagine” e il “libro” stesso, pare che non si possa che abbandonare il piano delle due dimensioni, e questa volta il volume è dichiarato sculpture.  (E d’altronde, la prima opera importante di Broodthaers era stata proprio quella, nel 1964, di incastonare in una mini-colata di gesso una cinquantina di copie invendute di uno dei suoi libri di poesia, Pense-Bête, in un certo senso, ri-scoprendoli scolpendoli.) Neppure Pichler usa parole, ma la sua forma di cancellazione riesce a rimuovere del tutto non solo i versi francesi, ma pure le successive strisce nere (e, volendo, anche quelle bianche a lui contemporanee): al posto dei blocchi si insinua il vuoto. Ogni striscia disegnata da Broodthaers è tagliata via, asportata, la differenza fra fondo e testo è che il testo, o meglio la sua versione geometrizzata, letteralmente svanisce nell’aria, si fa attraversabile [Figura 6].

 Figura 6 (particolare)

Secondo Rancière la image di Broodthaers “makes an impossibile rebus of the spatial poem, it shows how words and images are only compatibile at the price of mutual cancellation”7; nella sculpture di Pichler, in questo libro colabrodo, la letteratura non è solo coperta, annullata, censurata, ma evapora, lascia spazio letteralmente alla realtà, i blancs —forse ancor più nella versione su carta trasparente— incorniciano il trou, il rimosso, il nulla.8 Mallarmé ha scritto, nelle sueDivagazioni, che “il libro, espansione totale della lettera, da questa deve trarre, direttamente, una mobilità e spazioso, per corrispondenze, istituire un gioco, non si sa quale, che confermi la finzione9: lo scavo pichleriano si approssima decisamente a questa idea.

  • 1. Maranda dirige le edizioni Parasitic Venture, che si dedicano a stampare libri d’artista, soprattutto riappropriazioni e détournement di classici. L’idea del “parassita” è esplicitata anche nel suo Coup: la variazione grafica più evidente rispetto al modello francese è l’inserzione del disegnino di un insetto, sia in copertina che in quarta di copertina.
  • 2. Immerso nell’immenso progetto del Libro, cui Mallarmé dedica vari anni senza poi portarlo a termine, il poeta torna sovente sul tema, come si evince da questo passaggio, dato come esempio fra molti altri possibili: “A mia volta, io sottovaluto il volume e una meraviglia che è insita nella sua struttura, se non posso, scientemente, immaginare un certo motivo in vista di un luogo speciale, pagina e altezza, nell’orientamento della sua luce speciale o relativa all’opera.” Stéphane Mallarmé «Quanto al Libro», in Poesie e prose, cit., p. 329.  
  • 3. “Invece delle bande nere della censura […], lo spazio occupato dal testo è sostituito con l’assenza dell’inchiostro. Attorno a questi «blancs» letterari si trova un colore beige che imita il tipo di carta dell’edizione originale della NRF.”
  • 4. “La plastificazione del poema è un’operazione artistica che mette in scena la reificazione.” Jacques Rancière, “The Space of Words: From Mallarmé to Broodthaers” in Un Coup de Dés. Writing Turned Image, cit., p. 210.  
  • 5.  Mallarmé, «Quanto al Libro», cit., p. 307.
  • 6. Pichler inoltre ha pubblicato, come il suo predecessore, tre edizioni del libro, variandone appena numero e materiali: 500 copie su carta comune, 90 su carta trasparente e 10 su plexiglass.
  • 7. “Costruisce un rebus impossibile del poema spaziale, mostra come parole e immagini sono solo compatibili a costo di una cancellazione mutua.” Jacques Rancière, L’espace des mots. De Mallarmé à Broodthaers, Nantes 2005, p. 37.
  • 8. È interessante notare che intorno ai buchi sono ben visibili le bruciature causate dal laser che ha tagliato l’interno delle pagine, in una specie di trasformazione beffarda delle tracce simboliche d’acqua del poema di Mallarmé, in quelle “reali” della fiamma.
  • 9. ”Stephane Mallarmé, «Quanto al Libro», in Poesie e prose, Milano, Garzanti, 1992, p. 329.

Boglione, Riccardo, "Riscrivendo l’illeggibile: quarto cancellature del Coup de Dés," (Genova: Ocra Press, 2011), 29-32.